martedì 9 aprile 2013

Quanto mangiano gli squali bianchi!

"Quantificare il fabbisogno energetico degli animali in natura è fondamentale per la comprensione fisiologica, comportamentale, e dell'ecologia dell'ecosistema, tuttavia per le specie più difficili da studiare, come i grandi squali, i tassi di assunzione delle prede sono in gran parte sconosciuti". È la motivazione che si legge sul nuovo studio riguardo l'alimentazione del grande squalo bianco.
Quest'ultimo studio, svolto vicino all'Isola di Nettuno, nel Sud dell'Australia, ha portato a risultati molto diversi rispetto ai precedenti: si pensava che il Carcharodon Carcharias avesse un fabbisogno energetico di 30 kg di cibo ogni mese e mezzo, ma a quanto pare questi basterebbero appena per 12/15 giorni.
Calcolando i tassi metabolici derivati dalle stime della velocità di nuoto, si è scoperto quindi che sono diverse volte più alti di quanto precedentemente proposto. Inoltre lo studio ha evidenziato una chiara strategia di predazione in favore delle colonie di foche durante il periodo in cui ci sono i cuccioli.
La ricerca è stata promossa da Jayson Semmens dell'Institute for Marine and Antarctic Studies (IMAS) dell'University of Tasmania, in collaborazione con il South Australian Research and Development Institute (SARDI) dell'Università del Nuovo Galles del Sud e la Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO), poi pubblicata su Nature - Scientific Reports.

venerdì 5 aprile 2013

Guerra al Mondo di plastica

Boyan Stan è un 19enne olandese che sta destando molto interesse in questi giorni per aver ideato un progetto molto credibile per pulire l'oceano dalla plastica. Tanto interessante da parlarne perfino al TEDxDelft. Il ragazzo aveva presentato la sua idea durante la discussione della tesina per il diploma.
Partiamo però dal problema "plastica in mare": milioni di tonnellate di plastica sono finite, e continuano ad arrivare, in mare dagli anni '50 a questa parte. Questa plastica col tempo, trascinata dalle correnti, si è accumulata in alcuni "punti" dell'oceano più calmi degli altri. Parlo di "punti" perché a furia di accumularsi per oltre 60 anni la plastica ha ormai formato delle vere e proprie isole galleggianti: il Pacific Trash Vortex ha ormai una circonferenza di 2500 km, è profondo 30 m e ha raggiunto i 3,5 milioni di tonnellate di peso, più o meno.
La plastica uccide tramite entanglement milioni di animali all'anno. Purtroppo il problema è molto più grave: la plastica non si biodegrada, ma si fotodegrada. Questo vuol dire che col tempo un pezzo di plastica in mare, per azione dell'acqua ma soprattutto del sole, si riduce in piccoli pezzetti fino ad arrivare a scomporsi in molecole. Queste molecole però sono troppo complesse per scomporsi ulteriormente e tornare allo stato di elementi naturali: restano così come sono, della dimensione del plancton.
La plastica in questo modo è entrata a far parte della catena alimentare, arrivando fino all'uomo. Come se non bastasse bisogna contare che queste molecole di plastica si comportano come delle "spugne per veleno" assorbendo alcuni composti chimici molto pericolosi presenti in mare (come PCB e DDT ad esempio), rivelandosi quindi ottimi conduttori di tali veleni attraverso la catena alimentare.
Nonostante i Governi non stiano facendo molto per combattere o risolvere l'inquinamento da plastica nel mare, ogni anno la spesa dovuta a questo problema è immane: perdite nel turismo, cure mediche, danni alle imbarcazioni, (inutile) pulizia delle spiagge...
Bisogna indiscutibilmente ridurre il nostro consumo di plastica e aumentare la quantità di plastica riciclata (si stima che ogni anno venga riciclato solo il 5% della plastica prodotta). Ma bisogna anche trovare un modo per ripulire l'oceano da quella plastica che, appunto, non è biodegradabile.
Le raccolte fatte finora, tramite reti o setacci, non hanno portato molto lontano: è un metodo troppo lungo e dispendioso. L'idea di Boyan Stan è radicalmente diversa: costruire una piattaforma fissa con delle "braccia" galleggianti che convoglino la plastica verso il centro. In questo modo la piattaforma non avrebbe bisogno di consumare molta energia per catturare la plastica perché questa verrebbe trasportata dal movimento naturale del Pacific Trash Vortex (se la montagna non va a Maometto, Maometto va alla montagna).
Inoltre la piattaforma potrebbe trarre energia dal sole e dal moto ondoso o delle correnti. L'uso di braccia piuttosto che di reti non metterebbe in pericolo gli eventuali pesci o animali che si potrebbero imbattere in esse. La plastica raccolta e destinata al riciclaggio potrebbe ipoteticamente portare addirittura ad un guadagno tale da superare il costo del progetto!
Questo però è ancora in fase di studio, anche se sembra davvero promettente, e si dovranno attuare ancora numerosi test per sormontare non pochi problemi logistici. Per esempio il progetto pilota dovrebbe rivelare se l'ipotesi che il plancton non si accumuli insieme alla plastica è vera o se si deve procedere all'ideazione di una centrifuga per separarli.
Si stima inoltre che si possa riuscire a recuperare in cinque anni circa 7 milioni e 250 mila tonnellate di plastica, ossia un terzo di quella presente in mare, ma sono già in atto altri due test per verificare. Purtroppo bisognerà tener conto che comunque ben il 70% della plastica che finisce in mare ogni giorno è molto densa e per questo affonda.
Insomma c'è ancora molto lavoro da fare. Per questo sono aperte alcune posizioni lavorative come per esempio quella per esperti di idrodinamica, ingegneri o biologi marini esperti di plancton! Occorre inoltre raccogliere dei fondi e sicuramente un aiuto per diffondere il progetto. Qui trovate tutte le informazioni http://www.boyanslat.com/plastic4/ .
Indubbiamente fa incredibilmente piacere ricevere una buona notizia come questa quindi...condividete!!