domenica 29 settembre 2013

Stop alla morìa di delfini nel Santuario dei Cetacei

Questo articolo è stato modificato dopo la prima pubblicazione.
 
Buone notizie: si è interrotta la morìa di cetacei, sopratutto Stenelle, che si sono spiaggiati sulle coste del Mar Tirreno da Gennaio ad Aprile 2013.
I nuovi rapporti elaborati dalla Banca Dati Spiaggiamenti e dagli Istituti Zooprofilattici Sperimentali stabiliscono che “il numero di spiaggiamenti registrati è rientrato nelle medie degli anni precedenti, e quindi abbiamo motivo di credere che il fenomeno si sia esaurito”.
Nonostante il morbillivirus del delfino sia stato riscontrato solo nel 30/40% dei corpi analizzati, rimane l’ipotesi più probabile della morìa, che ha interessato una popolazione di stenelle giovani, con età comprese tra i 7 e i 20 anni (96% delle carcasse analizzate), cioè animali nati dopo la morìa del 1990-92 determinata da morbillo e quindi sprovvisti di anticorpi specifici per difendersi da questa malattia. 

"Ieri (26-03-2013) in Toscana si è spiaggiato il corpo di una balenottera di 17 metri. Ennesimo brutto segno: negli ultimi mesi sulle coste del Tirreno si sono spiaggiati quasi 80 esemplari di stenella (un tipo di delfino).
Le cause di questi decessi sono ancora sconosciute, anche se ad un primo parere sembrano dovute a malattie."

Ancora più preoccupante è il fatto che tutto questo si svolge all'interno del Santuario dei Cetacei! "Ci troviamo in un'area protetta, eppure non esistono regole per limitare l'inquinamento proveniente dalla costa e il traffico marittimo.
Purtroppo l'accumulo di agenti inquinanti può debilitare questi animali tanto da abbassarne le difese immunitarie e renderli suscettibili a infezioni che possono anche causarne la morte" afferma Giorgia Monti, responsabile della Campagna Mare di Greenpeace.
Lo stesso sostiene Giuseppe Notarbartolo di Sciara, ecologo marino, di cui si può leggere il parere nel post "Come (non) è finita: la moria di delfini nel Tirreno continua".
 AttribuzioneNon commercialeNon opere derivate Alcuni diritti riservati greenkayak73
"Non si tratta di grandi numeri considerando che la popolazione si conta in decine di migliaia di esemplari, ma dobbiamo ricordare che le carcasse rivenute sulle spiagge sono solo una parte del totale. [..]
In secondo luogo: l'omogeneità del campione, composto integramente da stenelle striate, in grandissima parte adulte. Questo rende qualsiasi ipotesi di agente esterno acuto e diretto (per esempio uno sversamento in mare di materiale tossico oppure rumore) estremamente – se non del tutto – improbabile, perché tale agente esterno avrebbe plausibilmente coinvolto differenti specie di animali marini, oltre che differenti fasce di età delle stenelle."
Nel 2010 le analisi effettuate sulle sogliole pescate in Liguria e in Toscana avevano rivelato la presenza di idrocarburi policiclici e metalli pesanti. Purtroppo in questo senso non sono stati fatti molti altri controlli pubblici. Sono stati invece effettuati svariati test sulle sogliole da parte di Greenpeace che confermano un grave inquinamento da mercurio in queste zone.
"È ora che le Regioni Toscana e Liguria si attivino davvero per tutelare il Santuario dei Cetacei. Greenpeace da tempo ha indicato quale dovrebbe essere la strada da percorrere, ma nonostante la promessa di un tavolo tecnico fatta nel 2011 dai Presidenti delle Regioni, ad oggi ancora nulla è stato fatto. E queste morti ne sono la triste conseguenza" conclude la Monti.

Esiste un solo calamaro gigante

 
Il calamaro gigante popola da sempre le leggende legate al mare, ma solo da alcuni anni siamo riusciti a studiarlo nel suo habitat naturale.
L'ultimo studio svolto riguardo a questa misteriosa creatura ha dimostrato che esisterebbe una sola specie di calamaro gigante (Architeuthis), contrariamente a quanto ipotizzavano alcuni ricercatori. 
In questo studio, pubblicato su Proceedings of the Royal Society "B", si afferma che le differenze riscontrate nel Dna mitocondriale di 43 esemplari trovati in diversi Paesi dall'Australia alla California, non sono rilevanti. 
IL fatto che, nonostante la diversa provenienza dei calamari, i campioni di Dna siano incredibilmente simili fra loro suggerisce che facciano parte della stessa specie e che quindi il calamaro gigante sia un animale altamente migratore, o che disperda la prole sfruttando le correnti.
Foto tratta da Flickr AttribuzioneNon commercialeNon opere derivate Alcuni diritti riservati a Product of Newfoundland

martedì 9 aprile 2013

Quanto mangiano gli squali bianchi!

"Quantificare il fabbisogno energetico degli animali in natura è fondamentale per la comprensione fisiologica, comportamentale, e dell'ecologia dell'ecosistema, tuttavia per le specie più difficili da studiare, come i grandi squali, i tassi di assunzione delle prede sono in gran parte sconosciuti". È la motivazione che si legge sul nuovo studio riguardo l'alimentazione del grande squalo bianco.
Quest'ultimo studio, svolto vicino all'Isola di Nettuno, nel Sud dell'Australia, ha portato a risultati molto diversi rispetto ai precedenti: si pensava che il Carcharodon Carcharias avesse un fabbisogno energetico di 30 kg di cibo ogni mese e mezzo, ma a quanto pare questi basterebbero appena per 12/15 giorni.
Calcolando i tassi metabolici derivati dalle stime della velocità di nuoto, si è scoperto quindi che sono diverse volte più alti di quanto precedentemente proposto. Inoltre lo studio ha evidenziato una chiara strategia di predazione in favore delle colonie di foche durante il periodo in cui ci sono i cuccioli.
La ricerca è stata promossa da Jayson Semmens dell'Institute for Marine and Antarctic Studies (IMAS) dell'University of Tasmania, in collaborazione con il South Australian Research and Development Institute (SARDI) dell'Università del Nuovo Galles del Sud e la Commonwealth Scientific and Industrial Research Organisation (CSIRO), poi pubblicata su Nature - Scientific Reports.

venerdì 5 aprile 2013

Guerra al Mondo di plastica

Boyan Stan è un 19enne olandese che sta destando molto interesse in questi giorni per aver ideato un progetto molto credibile per pulire l'oceano dalla plastica. Tanto interessante da parlarne perfino al TEDxDelft. Il ragazzo aveva presentato la sua idea durante la discussione della tesina per il diploma.
Partiamo però dal problema "plastica in mare": milioni di tonnellate di plastica sono finite, e continuano ad arrivare, in mare dagli anni '50 a questa parte. Questa plastica col tempo, trascinata dalle correnti, si è accumulata in alcuni "punti" dell'oceano più calmi degli altri. Parlo di "punti" perché a furia di accumularsi per oltre 60 anni la plastica ha ormai formato delle vere e proprie isole galleggianti: il Pacific Trash Vortex ha ormai una circonferenza di 2500 km, è profondo 30 m e ha raggiunto i 3,5 milioni di tonnellate di peso, più o meno.
La plastica uccide tramite entanglement milioni di animali all'anno. Purtroppo il problema è molto più grave: la plastica non si biodegrada, ma si fotodegrada. Questo vuol dire che col tempo un pezzo di plastica in mare, per azione dell'acqua ma soprattutto del sole, si riduce in piccoli pezzetti fino ad arrivare a scomporsi in molecole. Queste molecole però sono troppo complesse per scomporsi ulteriormente e tornare allo stato di elementi naturali: restano così come sono, della dimensione del plancton.
La plastica in questo modo è entrata a far parte della catena alimentare, arrivando fino all'uomo. Come se non bastasse bisogna contare che queste molecole di plastica si comportano come delle "spugne per veleno" assorbendo alcuni composti chimici molto pericolosi presenti in mare (come PCB e DDT ad esempio), rivelandosi quindi ottimi conduttori di tali veleni attraverso la catena alimentare.
Nonostante i Governi non stiano facendo molto per combattere o risolvere l'inquinamento da plastica nel mare, ogni anno la spesa dovuta a questo problema è immane: perdite nel turismo, cure mediche, danni alle imbarcazioni, (inutile) pulizia delle spiagge...
Bisogna indiscutibilmente ridurre il nostro consumo di plastica e aumentare la quantità di plastica riciclata (si stima che ogni anno venga riciclato solo il 5% della plastica prodotta). Ma bisogna anche trovare un modo per ripulire l'oceano da quella plastica che, appunto, non è biodegradabile.
Le raccolte fatte finora, tramite reti o setacci, non hanno portato molto lontano: è un metodo troppo lungo e dispendioso. L'idea di Boyan Stan è radicalmente diversa: costruire una piattaforma fissa con delle "braccia" galleggianti che convoglino la plastica verso il centro. In questo modo la piattaforma non avrebbe bisogno di consumare molta energia per catturare la plastica perché questa verrebbe trasportata dal movimento naturale del Pacific Trash Vortex (se la montagna non va a Maometto, Maometto va alla montagna).
Inoltre la piattaforma potrebbe trarre energia dal sole e dal moto ondoso o delle correnti. L'uso di braccia piuttosto che di reti non metterebbe in pericolo gli eventuali pesci o animali che si potrebbero imbattere in esse. La plastica raccolta e destinata al riciclaggio potrebbe ipoteticamente portare addirittura ad un guadagno tale da superare il costo del progetto!
Questo però è ancora in fase di studio, anche se sembra davvero promettente, e si dovranno attuare ancora numerosi test per sormontare non pochi problemi logistici. Per esempio il progetto pilota dovrebbe rivelare se l'ipotesi che il plancton non si accumuli insieme alla plastica è vera o se si deve procedere all'ideazione di una centrifuga per separarli.
Si stima inoltre che si possa riuscire a recuperare in cinque anni circa 7 milioni e 250 mila tonnellate di plastica, ossia un terzo di quella presente in mare, ma sono già in atto altri due test per verificare. Purtroppo bisognerà tener conto che comunque ben il 70% della plastica che finisce in mare ogni giorno è molto densa e per questo affonda.
Insomma c'è ancora molto lavoro da fare. Per questo sono aperte alcune posizioni lavorative come per esempio quella per esperti di idrodinamica, ingegneri o biologi marini esperti di plancton! Occorre inoltre raccogliere dei fondi e sicuramente un aiuto per diffondere il progetto. Qui trovate tutte le informazioni http://www.boyanslat.com/plastic4/ .
Indubbiamente fa incredibilmente piacere ricevere una buona notizia come questa quindi...condividete!!

mercoledì 13 febbraio 2013

Record per l'immersione nelle acque più fredde

Alcuni subacquei russi hanno effettuato per la prima volta un'immersione sul fondo del lago Labynkyr in Jacuzia (o Yacutia) nella siberia orientale, considerato uno dei più freddi del pianeta.
I dieci subacquei fanno parte del dipartimento tataro di ricerche sottomarine della Società geografica russa (www.int.rgo.ru): sette si sono occupati dell'organizzazione tecnica, tre si sono immersi.
Uno dei subacquei è Aleksandr Gubin, con più di tremila immersioni e almeno vent'anni di esperienza, il coordinatore del dipartimento è l'esploratore subacqueo Andrej Agarkov.
Il giorno dell'immersione, 1 febbraio 2013, la temperatura esterna era di meno 46 gradi, quella dell'acqua di 2 gradi e l'immersione è durata 23  minuti.
L'immersione aspira adesso ad un posto nel Guinnes dei Primati perché è l'immersione con autorespiratore effettuata nelle condizioni più fredde. Il pericolo di questo tipo di immersione è proprio lo sbalzo termico subito dai subacquei quanto dalle sttrezzature.
Il lago Labynkyr si trova a 100 kilometri dal centro abitato di Ojmjakon in Jacuzia. Il bacino idrico sta a 1020 metri sul livello del mare, mentre la sua profondità è di circa 52 metri.
Secondo le leggende locali, sul fondo del lago vive un mostro; per pacificarlo prima dell’immersione dei sub, uno sciamano ha eseguito un particolare rito.
Durante l’immersione, la squadra ha raccolto campioni di acqua e terra da analizzare.

venerdì 8 febbraio 2013

Grandi novità per l'archeogia subacquea

Questo articolo è stato modificato dopo la prima pubblicazione.
Stanno procedendo bene le rilevazioni del progetto Thesaurus (TecnicHe per l’Esplorazione Sottomarina Archeologica mediante l’Utilizzo di Robot aUtonomi in Sciami) di cui abbiamo parlato ormai un anno fa. Questo progetto è stato realizzato dai dipartimenti di Ingegneria Industriale e dell'Informazione di Firenze in collaborazione con la Normale e co il CNR e finanziato dalla Regione Toscana.

Thesaurus ha inoltre portato a due spin-off, di cui uno è Arrows (Archaeological RObot systems for the World's Seas), coordinato sempre dall'Università di Firenze e finanziato dall'Unione Europea.

I robot utilizzati per questi progetti sono degli AUV (Autonomous Underwater Vehicle) e sono stati ideati per rilevare, documentare, censire e monitorare siti archeologici sottomarini, relitti e reperti isolati sommersi fino a trecento metri di profondità. Questi robot si muovono in sciame, dialogando tra loro attraverso modem a ultrasuoni. Sono inoltre dotati di apparecchi sonar e telecamere, scansionare il fondale marino e rendere i dati fruibili in modo analogo a Street View e Google Maps, e di un ecografo per verificare la presenza di reperti al di sotto dei sedimenti. Tifone, uno dei tre robot utilizzati per il progetto Thesaurus per esempio, è lungo 3,7 m, pesa 170 kg, può superare i 5 nodi di velocità e ha un'autonomia di 8 ore. I costi di produzione e manutenzione sono contenuti, adatti agli attuali finanziamenti per la ricerca.

lo sviluppo di procedure di visualizzazione tridimensionale dei siti esplorati dai robot autonomi, e integrare tali visualizzazioni con informazioni di carattere storico-archeologico, per creare un vero e proprio ambiente virtuale interattivo che permetterà agli appassionati una visita virtuali di relitti situati a centinaia di metri sotto i mari
Per entrambi i progetti si è scelta come sede per i test l'isola d'Elba, ed in particolare il relitto "dei piatti", nave da carico del 1700, che verrà scansionata mediante sonar, telecamere e laser per ricostruirne la struttura tridimensionalmente.



Un altro progetto ambizioso e unico nel suo genere è l'ideazione di un percorso archeologico subacqueo.
Il progetto è stato ideato dal Laboratiorio del Mare della struttura MarlinTremiti ed è in attesa dell'approvazione da parte della Soprintendenza dei Beni Archeologici per la Puglia, dall'Ente Parco del Gargano ed dal Comune delle Isole Tremiti.
L'idea sarebbe quella di sviluppare alcuni percorsi di immersione dedicati alla scoperta dei ben undici siti archeologici di grande interesse individuati attorno alle Isole Tremiti e del bellissimo fondale. Valorizzare il patrimonio storico archeologico e naturale delle isole quindi, attraverso il loro incredibile potenziale turistico, promuovendo l'attività subacquea in modo responsabile.
Gli undici siti potranno accompagnare il subacqueo attraverso più di 2.000 anni di storia, dalla nave Oneraria Romana del I secolo a.C. al piroscafo a ruote "Lombardo" utilizzato da Garibaldi per la Spedizione dei Mille, al B24 della II Guerra Mondiale.
Solamente per il "Lombardo" sono stati previsti tre percorsi differenti, e uno di questi è proprio il primo ad essere realizzato. Lo si è scelto per la sua posizione e profondità: le parti più interessanti del piroscafo si trovano tra gli 8 e i 10 metri di profondità, quindi raggiungibili anche dai subacquei meno esperti e addirittura da chi volesse fare snorkeling.
Un altro interessante percorso previsto è quello ideato per i subacquei non vedenti: sarebbe il primo percorso subacqueo archeologico di questo tipo.
Nel progetto sono inoltre stati inseriti la realizzazione di una sala museale multimediale che consentirebbe la visione dei siti archeologici anche da parte di chi ... non si volesse bagnare! Questa consentirebbe anche l'organizzazione di eventi, incontri e convegni a tema per invogliare il turismo anche durante la bassa stagione.
Non sono previsti più di 6/8 mila euro per la realizzazione dell'intero progetto, considerando il supporto gratuito del Laboratorio del Mare.

martedì 5 febbraio 2013

Spedizione subacquea in Antartide per i 10 anni di "Pianeta Mare" della Mediaset

Come avevamo raccontato Roberto Palozzi, il regista e ricercatore del programma, ha raggiunto l’Antartide.
E questo è il risultato: la puntata del 20 Gennaio di "Pianeta Mare".
www.video.mediaset.it/video/pianeta_mare/full/369546/puntata-del-20-gennaio.html



Nuova spedizione subacquea al Polo Sud di Roberto Palozzi per celebrare i 10 anni di vita di “Pianeta Mare”.
Partirà lunedì prossimo, 22 ottobre, la nuova avventura polare di Roberto Palozzi, il regista e ricercatore reatino che questa volta raggiungerà l’Antartide con una troupe...
Partirà lunedì prossimo, 22 ottobre, la nuova avventura polare di Roberto Palozzi, il regista e ricercatore reatino che questa volta raggiungerà l’Antartide con una troupe Mediaset per realizzare due puntate molto speciali della nota trasmissione di Rete 4, “Pianeta Mare” e per registrare una serie di documentari (anche subacquei).
È la prima volta in assoluto che le telecamere di Mediaset sbarcano al Polo Sud e quanto questo evento sia tenuto in considerazione dall'azienda del biscione è testimoniato anche e soprattutto dalla partecipazione alla spedizione del Capostruttura Marco Campione, responsabile di “Pianeta Mare” e di tanti altri programmi di successo come “Zelig” o “Colorado”.
Per Palozzi, ormai un veterano delle spedizioni polari, si tratta del quarto ritorno tra i ghiacci perenni dell’Antartide, ma ancora una volta tutto sarà nuovo e molto stimolante: « Non corro certo il rischio – specifica il regista reatino – di ripetermi o annoiarmi e non solo perché il Polo Sud è una realtà talmente grande e sconosciuta che non basterebbero 1000 spedizioni per conoscerlo appieno, quanto piuttosto per il fatto che la mia nuova missione antartica ha una serie di obiettivi molto ambiziosi. Questa produzione Mediaset così importante e costosa, infatti, è nata per celebrare, con immagini davvero fuori dal comune, il traguardo prestigiosissimo dei primi 10 anni di vita di “Pianeta Mare”; e per farlo avrò a disposizione una troupe di superprofessionisti e mezzi “quasi” cinematografici».
La novità più grande, però, riguarderà la parte subacquea della spedizione: per la prima volta, infatti, Palozzi proverà ad immergersi sotto i 3 metri di spessore di ghiaccio della calotta polare utilizzando il rebreather, una macchina ultramoderna a controllo elettronico che ricicla il gas respirato e non emette bolle: «Dall’utilizzo del rebreather mi aspetto molto perché spero che mi consentirà di avvicinare maggiormente e più a lungo le foche in immersione e realizzare, così, immagini veramente uniche. Certamente usare queste macchine sofisticatissime a 75° di latitudine sud, sotto il ghiaccio e a temperature così basse avrà anche un valore di test molto importante per la comunità internazionale dei subacquei, in particolare per quelli che, come me, si interessano di subacquea scientifica».
Tra i vari obiettivi ci sarà anche quello di raggiungere in elicottero i capanni costruiti a inizio ’900 dagli epici esploratori della corsa al Polo Sud (Shackleton, Amundsen e Scott) e filmare le testimonianze delle loro incredibili avventure, perfettamente preservate fino a oggi dal gelo perenne.
Gli impegni professionali di Palozzi non termineranno, però, con la fine della spedizione polare; al rientro in Nuova Zelanda, infatti, la troupe Mediaset si trasferirà nella spettacolare regione dei fiordi (quegli stessi luoghi dove sono stati realizzati “Il Signore degli Anelli” e le “Cronache di Narnia”) per girare altri documentari subacquei.
Tutte le puntate di “Pianeta Mare” e i documentari realizzati durante la spedizione saranno trasmessi su Rete 4 a partire da gennaio 2013.
Si possono seguire gli aggiornamenti della spedizione in tempo reale sulla pagina Facebook “Erebus Productions“.

"Davide e Golia" di Octavio Aburto

Si è concluso a dicembre il concorso fotografico Nat geo Usa 2012 del National Geographic.
Tra i vincitori appare una foto di Fransisca Harlijanto, scattata vicino all'isola di Komodo, in Indonesia.
Tra le foto dei partecipanti è però degno di nota anche uno scatto del fotografo naturalista Octavio Aburto, catturato nei fondali sabbiosi di Cabo Pulmo all'interno del National Park in Messico. Gli è stato dato il titolo “David and Goliath” poiché riprende un'enorme nuvola di pesci Jack, uniti in un incombente “tornado” che contrasta con la piccola figura del sub, David Castro.
I pesci Jack, o Bigeye trevally o Bigeye Jack (o ancora meglio Caranx sexfasciatus) sono pesci che vivono in grandi gruppi e che si riuniscono spesso nelle acque calme e riparate. In questo caso però la foto è stata scattata durante quel fenomeno detto "spawning" comune a molti pesci, ossia il rituale della riproduzione dove migliaia di esemplari si radunano per rilasciare e fecondare le uova.
Il National Park in Messico è parco dal 1995 e la Baia di Cabo Pulmo è situata all’estremità della Baja California sul Mar di Cortez, circa 60 miglia a nord del più noto Cabo San Lucas.
Ecco il video girato in occasione dello scatto.

martedì 29 gennaio 2013

Ghost fishing: cosa fare se si trova una rete fantasma

Questo articolo è una libera traduzione e interpretazione di:
"Underwater entanglement: prevention, avoidence and resolution"

La settimana scorsa abbiamo parlato del fenomeno del Ghost Fishing e di un'associazione (la Ghost Fishing appunto) che si dedica al problema. Il rischio di rimanere imprigionati in una rete fantasma non è certamente una cosa che capita spesso. Resta comunque molto importante sapere come evitare una simile situazione. E se si rimane impigliati è estremamente importante sapere come liberarsi.
Questa settimana quindi parliamo di come prevenire, evitare o risolvere il problema, tre aspetti molto diversi tra loro, ma ugualmente importanti.

Prevenire
Il rischio di rimanere impigliati, aumenta esponenzialmente in alcuni ambienti di immersione: quelli condivisi con le barche dei pescatori. Alcuni esempi possono essere le scogliere artificiali o naturali e i relitti, luoghi in cui l'alta concentrazione di pesce attira sia i pescatori che i visitatori subacquei.
Fortunatamente esistono siti di immersione protetti, parchi, e iniziative che incentivano gli operatori subacquei a rimuovere le reti che trovano durante l'immersione.
Nonostante le reti da pesca siano il principale motivo di intrappolamento, ci sono altri modi in cui un subacqueo può rimanere bloccato sott'acqua e aree circoscritte o passaggi stretti sono i due più comuni.
Il miglior modo in cui un sub può evitare di impigliarsi è quello di imparare a riconoscere ed evitare i pericoli.

Evitare
Mantenere alta l'attenzione riguardo l'ambiente da cui si è circondati è importante tanto quanto il tenere d'occhio le barche quando si è in superficie e il monitorare la profondità e la propria scorta d'aria.
Facciamo l'esempio di un subacqueo che si sta godendo un'immersione su una barriera corallina.
Un compagno di immersione scorge vicino ad una tana una grande cernia tropicale e gli fa segno di raggiungerlo in fretta. Per non perdersi l'evento il subacqueo decide di precipitarsi verso l'amico, nuotando in linea retta, incurante della matassa di lenza che si frappone tra i due e rimanendovi impigliato.
Il primo errore, che sia colpa del subacqueo o di chi avrebbe dovuto addestrarlo, è stato non prestare attenzione all'ambiente circostante. AttribuzioneNon commerciale Alcuni diritti riservati a thinkpanama
Nonostante la regola sarebbe di stare sempre lontani dalle reti, potrebbe succedere che ci si trovi in un percorso obbligato e dover nuotare per forza vicino ad essa. In questo caso è consigliabile nuotare sopra la rete piuttosto che passarci sotto. E non per scaramanzia!
L'attrezzatura sulla schiena infatti (valvole delle bombole, lacci, etc.) comporta molte più probabilità di rimanere impigliati, mentre passando sopra la rete si hanno un maggior controllo e visuale.
Per lo stesso motivo, se invece si sta nuotando attraverso un passaggio stretto, è meglio cercare di mantenersi più possibile verso il fondo. Le distanze sott'acqua sono ingannevoli, il passaggio potrebbe sembrare più alto di quanto in realtà non sia!
Se si nota una rete bisogna sempre avvertire subito il proprio compagno di immersione e passare uno alla volta in modo tale da essere liberi nel caso l'altro si trovi in pericolo.
Si consiglia anche, per ridurre al minimo il pericolo, di semplificare il più possibile la propria attrezzatura, eliminando accessori inutili e fissando bene tutti gli altri.

Risolvere
Torniamo all'esempio di prima.
Il subacqueo è rimasto impigliato alla matassa di lenza, l'amico se ne accorge e abbandonando la cernia maculata gli si avvicina.
Il primo impulso del subacqueo è quello di voltarsi per vedere che cosa lo sta trattenendo. Questo in realtà non fa che peggiorare le cose. L'amico quindi cerca di fermarlo e di farlo calmare. L'aria nelle bombole è preziosa e respirare troppo velocemente può rivelarsi molto pericoloso. Mantenere la calma è ancor più importante se si è in apnea.
Sempre restando abbastanza distante, cerca la posizione da cui vedere meglio il problema. Dopo, e solo dopo, si avvicina con cautela. Quando, come in questo caso, il colpevole è una rete o una lenza, si deve procedere con un coltello subacqueo o delle cesoie.
Se per esempio ci si è immersi con le bombole e non si può attirare l'attenzione del compagno di immersione né si riesce a raggiungere la fonte del problema, si può cercare di scivolare lentamente fuori dal proprio jacket, e quindi risolvere il problema con una visuale maggiore. Attribuzione Non commerciale Condividi allo stesso modo Alcuni diritti riservati a Saspotato.
Sarebbe anche opportuno fare esercizio ed essere preparati a questo tipo di evenienza quando ci si immerge.

Una volta emersi
Una volta tornati a riva, qualsiasi pericolo si sia avvistato (una rete, una lenza, un rifiuto pericoloso..) ci si deve rivolgere alla Guardia Costiera perché possano procedere con la rimozione.
A meno che non si faccia parte di un gruppo organizzato ed esperto non si deve tentare di rimuovere l'oggetto da sé.
Se invece si sta rimuovendo una rete bisogna prestare la massima attenzione, e stare attenti a portare ogni frammento a riva o sull'imbarcazione, senza lasciarne di galleggianti.

E voi avete mai avvistato una rete fantasma? Avete mai rischiato di rimanere intrappolati sott'acqua? Quali sono le vostre esperienze?

mercoledì 23 gennaio 2013

Ghost fishing: combattiamo insieme



Ormai di questi video se ne sono visti tanti. Subacquei che liberano pesci, delfini, tartarughe, uccelli rimasti intrappolati in pezzi o sacchetti di plastica (diventando vittime di entanglement, di cui abbiamo già parlato in un altro articolo) o, ancora più spesso, reti.
Non stiamo parlando di tutti quegli animali che vengono pescati per errore insieme ai pesci che troviamo dal pescivendolo (come capita troppo spesso a tartarughe e soprattutto squali), stiamo parlando delle reti fantasma, quelle reti che si spezzano o vengono abbandonate in mare e che dopo essersi spostate in balia delle correnti si incagliano sul fondale e fanno ogni anno centinaia di migliaia di vittime.

Il fenomeno è quello del Ghost Fishing, ed è proprio questo il nome di un'organizzazione non-profit nata nel Mare del Nord che si occupa del problema.
Tutta la questione è stata portata all'attenzione del mondo durante la 16° sessione della commissione per la pesca della FAO nel 1985. In seguito al dibattito COFI, il Segretariato FAO ha pubblicato un approfondito studio del problema.
"Siamo una coppia di subacquei relitto fanatici" si legge sul sito di GhostFishing.org "che ha raccolto rifiuti e attrezzi da pesca abbandonati durante i nostri anni di immersioni nel Mare del Nord e dei nostri laghi d'acqua dolce."
Ogni anno, decine di subacquei esperti come loro liberano centinaia di granchi, aragoste e pesci dalle reti da pesca e lenze abbandonate su relitti del Mare del Nord. Ogni anno a molti subacquei nel mondo capita di imbattersi in reti abbandonate.
Nel 2009 questi ragazzi si sono uniti ad un gruppo chiamato "Duik de Noordzee Schoon" e con questa squadra hanno pulito molti relitti nel Mare del Nord. In quel periodo hanno incontrato un folto gruppo di volontari che si è unito a loro e li ha aiutati nella loro missione.
Nel 2011 e 2012 il team "Duik de Noordzee Schoon" ha organizzato due spedizioni di 10 giorni di immersione chiamato "Expedition Dogger Bank". La squadra era formata da esploratori di relitti, biologi e archeologi, nonché fotografi e film-makers. Le spedizioni hanno avuto molto successo e l'organizzazione ha ricevuto un sacco di attenzione da parte dei media nei Paesi Bassi, in Belgio e nel Regno Unito, esponendo il problema del ghost fishing a un pubblico molto più ampio.
Questa organizzazione non-profit raccoglie, motiva e appoggia i -per fortuna- molti progetti e iniziative analoghi iniziati da altri subacquei in tutto il mondo. Sono infatti alla continua ricerca di collaboratori per proseguire i progetti attivi o crearne di nuovi, di volontari subacquei intenzionati ad aiutare rimuovendo fisicamente le reti abbandonate, ma anche fotografi e film-makers che aiutino a promuovere l'associazione, enti che si occupino del riciclaggio delle reti stesse e dei piombi, etc.
Ne fanno parte subacquei esperti e ben addestrati, perché bisogna ricordare che queste restano attività molto pericolose e quindi tutti i volontari sono tenuti a seguire determinate norme di sicurezza e procedure, ed avere un'adeguata formazione ed esperienza. L'organizzazione suggerisce più precisamente di seguire un corso specifico del sistema di immersione GUE (Global Underwater Explorers).

Stiamo rovinando il nostro mondo, per fortuna c'è anche chi, ogni giorno, fa qualcosa di concreto per migliorarlo -> www.ghostfishing.org/category/news/.

martedì 22 gennaio 2013

Un sub fa importante scoperta archeologica in Russia

Nella Regione di Samara in Russia il pescatore subacqueo Dmitrij Golubev ha trovato sul fondale del fiume Bol'šoj Kinel' i resti di un essere umano e di animali preistorici.

Il fiume Bol'šoj Kinel' è un luogo molto popolare per la pesca subacquea a Samara perché è ricco di pesci.
Sul fondale Dmitrij Golubev ha trovato il teschio di un bufalo, la mascella di rinoceronte ricoperta di pelo, la gamba di un mammut e il teschio di un cervo a più corna. Il teschio del rinoceronte si trova in uno stato di conservazione unico nel suo genere.
Dmitrij Varenov, principale collaboratore scientifico del museo di storia locale della Regione di Samara sostiene che tutto questo insieme di animali sia legato alla cosiddetta fauna dei mammut, cioè a quel genere di animali che vivevano nello stesso habitat.
Ma notizia più importante è che insieme agli animali è riemerso anche un teschio umano: è una grande rarità quando si riesce a trovare nello stesso luogo resti di animali e di uomini primitivi.
A breve cominceranno gli scavi archeologici che attireranno nella zona oltre agli appassionati di pesca subacquea anche archeologi professionisti, geologi e paleontologi.

mercoledì 16 gennaio 2013

Grandi novità all'acquario di Genova

La Costa Edutainment per l'Acquario di Genova ha investito quasi 26 milioni di Euro nella realizzazione di un Padiglione dei Cetacei.
La nuova gigantesca vasca a cielo aperto per delfini, che sarà pronta in primavera, è stata progettata dal Renzo Piano Building Workshop, e con i suoi 23 metri di altezza, 94 di lunghezza, 30 di larghezza e 3200 metri cubi di volume, arricchirà di un buon 50% l'area aperta al pubblico.
La vasca è stata ideata per ospitare fino a nove esemplari e si svilupperà su due livelli, con un percorso esterno ed una galleria subacquea, in modo da poter ammirare i delfini da diversi punti di vista.
Saranno qui ospitati quindi, insieme ai due delfini di Genova, anche i quattro delfini che si trovano attualmente a Gardaland, che smetteranno di esibirsi.
Il progetto bene si abbina al Puc di Genova che ha portato finora all'apertura del cinema, di nuove aree ristorazione e che nel 2013 vedrà anche l'apertura di "Wow! Genoa Science Center" nei Magazzini del Cotone.
Durante gli scavi per il posizionamento della vasca però sono stati portati alla luce numerosi importanti reperti risalenti all'età in cui i Fenici attraccavano nelle acque antistanti l'antichissima Genova.
Le "solite" anfore, ma anche stoviglie, semi, cibo, strumenti di legno, ben conservati grazie alla stratificazione della sabbia.
I reperti saranno probabilmente esposti nel nuovo padiglione a lavori terminati.
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