martedì 17 aprile 2012

Il pericolo degli ordigni chimici in mare


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A Febbraio sono stati pubblicati i risultati di un'analisi svolta da Legambiente riguardo gli ordigni esplosivi chimici e i detriti tossici e pericolosi risalenti alla II Guerra Mondiale e alla guerra in Kosovo. 
Sono stati presi in considerazione per questo primo studio i siti del Lago di Vico, Molfetta, Pesaro, il Golfo di Napoli, il basso Adriatico e Colleferro. 


Sul Lago di Vico negli anni '40 era stata costruita una Chemical City attiva fino agli anni '70 in cui sono state bonificate 60 cisterne di fosgene, una sostanza altamente tossica, e disotterrati alcuni ordigni inesplosi. 
La dimensione del problema è stata chiara alla popolazione solo nel 1996 quando un ciclista è morto intossicato per una fuga di gas provocata durante un tentativo di bonifica tenuto segreto. 
Nel 2000 sembravano terminate le operazioni di bonifica dei serbatoi ma successive analisi dell'Arpa hanno evidenziato come la concentrazione di arsenico nei dintorni fosse ancora ben superiore al consentito. Il Ministero della Difesa ha appena stanziato altri 150mila euro per un nuovo intervento. 


A partire dalla bonifica del 1947 nel porto di Molfetta e davanti a Torre Gavetone, a nord di Bari, sono stati ritrovati molti ordigni chimici contenenti iprite, una sostanza irritante. 10.000 ordigni sono stati trovati nel solo porto di Molfetta. 
Purtroppo la maggior parte delle bombe provengono dalle navi affondate nel porto di Bari durante il bombardamento tedesco del 2 Dicembre 1943. Quelle 17 navi americane erano cariche di grosse bombe chimiche all'iprite (ognuna poteva contenere anche 30 kg di iprite)  ma oltre ad essa contengono anche acido clorosolforico, cianuro e altri aggressivi chimici, messi però al bando da Ginevra già nel 1925!! Gli ordigni recuperati venivano caricati su zatteroni e scaricati al largo, allargando così ancora di più la zona contaminata. 


A Pesaro la bonifica è partita dalla pressante richiesta dei cittadini stessi nel 2010 di avere notizie certe riguardo gli ordigni all'iprite e all'arsenico abbandonati dai tedeschi durante la ritirata del 1944. Sono stati ritrovate almeno 4300 bombe all'iprite per circa 1300 tonnellate di iprite totali e 84 tonnellate di quelle all'arsenico. 
Infatti nel 1943 Hitler ordinò di conquistare tutte le fabbriche di ordigni chimici in Italia, svuotarle e portare le grandi bombe in Germania per evitare che finissero in mano alle armate statunitensi che avanzavano. Il tutto fu trasportato su camion e poi caricato su treni a Pesaro. Fu subito chiaro però che in quel modo il pericolo di esplosione era troppo alto e si rischiava di compromettere la ferrovia e le strade, unica via per rifornire le truppe a Rimini. Le testate vennero quindi fatte rientrare a Pesaro e scaricate in mare. 


Le bombe e sostanze affondate sistematicamente nel Golfo di Napoli, tra l'Isola di Ischia e quella di Nisida, appaiono anche in alcuni documenti americani. I materiali rinvenuti, che sono probabilmente una minima parte di quelli esistenti, arrivano a 13mila proiettili di mortai, diverse bombe e 438 barili tutti contenenti iprite, oltre a lewsite, fosgene, cloruro di cianuro e cianuro idrato. Purtroppo localizzare ed eliminare tutti i materiali non è compito facile a causa dell'enorme estensione della zona di scarico.


Nel basso Adriatico si stima che siano stati inabissati oltre 30mila ordigni esplosivi e tossici, sia durante la II Guerra Mondiale sia durante quella del Kosovo. In queste zone sono presenti anche moltissimi piccoli ordigni, detti bomblets, derivati delle bombe a grappolo. 


Infine l'area industriale di Colleferro, in provincia di Roma, è contaminata da innumerevoli sostanze molto tossiche, tra cui addirittura il perclorato d'ammonio, un propellente solido per i razzi. Questo luogo, eretto cento anni fa nel 1912 è tutt'ora attivo. Ospita reparti dedicati alla sola trasformazione di armi tradizionali in armi chimiche. Esistono documenti che dimostrano una relazione tra le armi prodotte a Colleferro e quelle utilizzate in Iraq da Saddam Hussein negli anni '80. Per quanto riguarda l'inquinamento nei paraggi esistono ancora pochissimi documenti pubblici riguardanti i problemi dovuti alla contaminazione ripetuta e accumulata negli anni. Spesso sono coperti da segreto militare. Solo recentemente si sta iniziando a prestare maggiore attenzione alla complicata situazione. 

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